L’anoressia e la bulimia, insieme ad altri, sono disturbi del comportamento alimentare (DCA) in crescente espansione. Diffuse soprattutto fra gli adolescenti, prevalentemente di sesso femminile (ma la percentuale nei maschi con questi disturbi è in ascesa) esse esprimono una sofferenza che va al di là del puro problema nutrizionale, o delle varie problematiche alimentari e coinvolge la sfera psicologica e quella relazionale.
E’ un fenomeno complesso, in cui si intrecciano molteplici componenti, legate a influenze socio-culturali, aspetti psicologici individuali ma soprattutto dinamiche familiari, le quali evidenziano un “corpo familiare” che sembra arrestarsi nella propria capacità evolutiva: componenti quindi che hanno un filo conduttore che le attraversa: il tentativo impossibile di sospendere il tempo dello sviluppo e della crescita.
I disturbi del comportamento – DCA come sciopero della crescita
Nelle famiglie vi sono due processi evolutivi altamente interdipendenti: quello dell’adolescente, che deve affrontare il delicato passaggio di crescita e quello della famiglia, che da nido deve trasformarsi in trampolino, vale a dire da pista di decollo per la partenza, ma anche di atterraggio, per un ritorno maturo e reversibile dei figli.
Secondo una visione sistemica ad ogni disagio adolescenziale va ricercata una difficoltà o un blocco del gruppo familiare ad affrontare questa fase dello sviluppo, e non è un caso che proprio in questo delicato periodo di transizione si assista all’insorgenza di manifestazioni sintomatiche, che rispecchiano la difficoltà a separarsi dalla famiglia.
In alcune famiglie tale processo di riorganizzazione si inceppa comportando rigidità dei ruoli, di aspettative e regressioni psicologiche importanti.
I disturbi del comportamento alimentare (DCA), insieme ad altri disturbi tipici dell’adolescente, possono essere riconosciuti come un vero e proprio sciopero della crescita.
Cosa succede nelle famiglie degli adolescenti con disturbi del comportamento alimentare (DCA)?
Un’accurata esplorazione delle dinamiche familiari associate ad un disturbo del comportamento alimentare (DCA) lascia emergere una difficoltà da parte degli adulti ad accogliere e favorire il cambiamento che la crescita dei figli comporta e che trova la sua origine in una più generale difficoltà ad accettare il trascorrere del tempo.
I genitori di adolescenti si trovano, mediamente, in un periodo della vita in cui, pur essendo e sentendosi ancora validi ed attivi, cominciano a fare i conti con i segni dell’età che avanza. Il non riuscire a proiettarsi in un futuro che comporta l’avvicinarsi della vecchiaia può spingere i genitori a mettere inconsapevolmente in atto un illusorio tentativo di fermare, o almeno rallentare, il corso del tempo.
E’ come se, non riconoscendo adeguatamente il nuovo stato di crescita degli adolescenti, rimanessero emotivamente nella condizione di una famiglia con bambini piccoli con genitori giovani.. Inoltre, la naturale riedizione della propria adolescenza, che sembra essere riattivata da quella dei figli, comporta l’avvicinamento a propri conflitti irrisolti.
Essi finiscono allora per attribuire ai figli sentimenti, stati d’animo, aspirazioni che hanno provato nel corso della loro adolescenza. Oppure li spingono a svolgere attività o a raggiungere obiettivi che non hanno potuto raggiungere.
E’ importante che i genitori o i familiari di chi soffre di un disturbo dell’alimentazione abbiano degli strumenti a disposizione per aiutare meglio i propri figli. Conoscere la malattia, comprenderla nelle sue caratteristiche e nella sua evoluzione è un passo indispensabile.
La famiglia, insieme al paziente che soffre di disturbi del comportamento alimentare, è da considerarsi spesso una vittima della malattia e delle sue conseguenze.
E’ per questo motivo che la terapia familiare è la risposta a queste problematiche, perché consente la ripartenza del ciclo di vita familiare su basi sane e armoniche.
Alcuni consigli pratici per chi ha familiari o amici con disturbi alimentari
Le domande
Quando in una famiglia il figlio o la figlia soffre di un disturbo dell’alimentazione i genitori si pongono molte domande alle quali è importante rispondere. Ecco solo alcune delle domande che più frequentemente vengono poste:
- Ma dove ho sbagliato?
- Cosa posso fare per aiutare mia/o figlia/o?
- Quale atteggiamento va tenuto? Meglio essere comprensivi ed accondiscendenti o decisi e autoritari?
- Qual è la cura migliore? A chi rivolgersi?
- Come convincere mio figlio/figlia a curarsi?
- Si può guarire?
- Come posso scoprire se vomita, se prende lassativi o diuretici?
- Come comportarsi di fronte alle bugie?
- Come gestire i pasti?
I sensi di colpa
Uno degli aspetti più importanti che emerge quando in una famiglia uno dei figli comincia ad avere problemi a livello psicologico, è la ricerca del perché. Un pensiero ricorrente nei familiari è: “è colpa nostra?”, “dove abbiamo sbagliato?”. E’ importante ricordare che colpevolizzare sé stessi o gli altri non ha mai aiutato nessuno.
Le cause dei disturbi alimentari sono molteplici e il comportamento di chi soffre di questi disturbi dipende da moltissimi fattori, solo alcuni direttamente collegati al funzionamento familiare.
L’interrogativo da porsi non è: “di chi è la colpa?”, ma: “qual è la cosa migliore da fare adesso? Cosa possiamo fare per aiutare nostro/nostra figlio/figlia?”.
Il senso di colpa impedisce di vedere le vie di uscita, causa dissapori tra i familiari (che magari si incolpano a vicenda) e contribuisce a mantenere o a cronicizzare il disturbo stesso.
Anche quando è il figlio o la figlia a parlare delle “colpe” dei genitori, bisogna evitare di cadere in questo “tranello”. E’ importante essere uniti poiché all’interno della famiglia esiste un obiettivo comune: combattere il disturbo dell’alimentazione (e non combattere tra persone).
Anche quando le difficoltà tra coniugi o tra familiari esistono anche da prima dell’insorgenza del disturbo, questo obiettivo comune deve aiutare ad agire in sintonia.
Rinfacciarsi le colpe non aiuta nessuno: è più importante guardare in avanti e cercare soluzioni per stare meglio.
Allo stesso modo, è importante che i genitori non colpevolizzino la persona malata, poiché anche questo non serve.
DCA: conosciamoli
Occorre sapere innanzitutto che tutti i disturbi alimentari sono caratterizzati da un’alterazione del rapporto che un individuo ha con il cibo e con il proprio corpo e dalle conseguenze che questo comporta. L’alimentazione e la forma fisica diventano per la persona il fulcro attorno al quale ruotano tutte le altre attività quotidiane, un pensiero fisso e costante che assume un’importanza esagerata nella valutazione di se stessi.
Anoressia
L’anoressia nervosa è probabilmente il disturbo più conosciuto. È caratterizzato da una riduzione drastica dell’introito energetico tale da portare a un peso corporeo significativamente basso, inferiore al peso minimo normale.
Ciò che caratterizza l’anoressia è una paura intensa di ingrassare, anche quando il peso è molto basso. Paura che porta a un controllo esasperato della quantità di calorie ingerite e all’eliminazione di alcuni alimenti ritenuti pericolosi. Il peso o le forme del corpo diventano un pensiero costante e la magrezza l’unità di misura per valutare se stessi e il proprio valore.
Bulimia
La bulimia nervosa è caratterizzata da episodi ricorrenti di abbuffate compulsive. Esse consistono nel mangiare in un periodo circoscritto una quantità di cibo significativamente maggiore a quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e si accompagna a un senso di mancanza di controllo sul mangiare durante l’episodio. Alle abbuffate fanno seguito comportamenti impropri di compenso come vomito, digiuno, attività fisica intensa, uso di lassativi.
Il disturbo di alimentazione incontrollata si distingue dalla bulimia perché vi sono episodi di abbuffate ai quali non fanno però seguito condotte compensatorie come nella bulimia nervosa.
Ortoressia e Vigoressia
Negli ultimi anni sono giunti all’attenzione dei clinici altri due disturbi: l’ortoressia e la vigoressia, ancora poco conosciuti. Il primo è caratterizzato da una maniacale ossessione per i cibi salutari. La persona è spinta a fare lunghe e quotidiane ricerche sulle proprietà nutritive degli alimenti, al punto da impoverire il resto delle proprie attività ed eliminare intere categorie di alimenti, nonché metodi di cottura.
La vigoressia o bigoressia è caratterizzata, al contrario rispetto all’anoressia, dalla paura di essere troppo esili e da qui il ricorso a un’attività fisica molto intensa e un’alimentazione iper proteica o arricchita di anabolizzanti e integratori.
Quali sono i segnali da non trascurare?
- Fisici: variazioni di peso, pallore, sensibilità eccessiva al freddo, stanchezza costante, svenimenti, perdita dei capelli, rossore agli occhi, amenorrea (scomparsa del ciclo mestruale), aumento della massa muscolare, calli sulle nocche e deterioramento dei denti (nel caso di vomito frequente).
- Comportamentali: comparsa di rituali alimentari (tagliare il cibo in pezzi molto piccoli, uso di bacchette…) lentezza eccessiva durante i pasti, evitamento di situazioni conviviali, sparizione di alimenti dalla dispensa, lettura di tutte le etichette alimentari e utilizzo di applicazioni per il conteggio delle calorie, necessità di andare in bagno dopo i pasti, aumento dell’attività fisica, uso di integratori, attenzione ai metodi di preparazione dei pasti quando cucina qualcun altro, eliminazione di alcuni alimenti prima consumati regolarmente, rifiuto di alcuni alimenti, negazione di ogni osservazione riguardo alla propria forma fisica, negazione dello stimolo della fame, cambio nel tipo di abbigliamento.
- Emotivi: repentine variazioni di umore, mancanza di interesse nei confronti delle relazioni sociali, difficoltà a portare a termine gli impegni presi, eccessiva sensibilità nei confronti di ogni commento riguardo alla forma fisica e al cibo, estremo controllo di cosa e quanto ci si alimenta, eccessiva rigidità, bassa autostima.
Cosa fare quando una persona cara soffre di disturbi alimentari?
Come facciamo a capire se nostra figlia, sorella, fratello, fidanzata/o o amica/o soffre di un disturbo del comportamento alimentare (DCA)? Come distinguere un sano dimagrimento dal sintomo di un rapporto difficile col cibo? Chi soffre di disturbi alimentari e in generale chi ha un rapporto distorto con il cibo prova molta vergogna, paura e senso di colpa e tende a negare e tenere nascosto il proprio problema.
La prima cosa da fare nel momento in cui si notano segnali come quelli descritti è porsi in una condizione di dialogo e ascolto aperto senza concentrarsi su cosa e quanto la persona mangia o non mangia, si allena o meno, bensì sul suo benessere emotivo.
Chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare è molto fragile e ciò che per noi è chiaramente un problema, è nel suo caso la miglior soluzione che ha trovato per gestire le sue emozioni.
Per questo è importante muoversi tempestivamente, ma sempre in maniera rispettosa. Non colpevolizziamoci né colpevolizziamo chi ha questo problema, ma tentiamo di fare uno sforzo di comprensione del significato dei sintomi e della gravità della situazione con l’aiuto di uno specialista.
È importante richiedere subito una consulenza con uno psicoterapeuta esperto in queste problematiche per fare una prima valutazione e capire quale potrebbe essere il percorso terapeutico più indicato per il proprio familiare o per trovare insieme delle strategie di intervento qualora la persona rifiuti di farsi aiutare.
Chi soffre di un DCA è in genere ambivalente rispetto alla possibilità di farsi aiutare: da una parte vorrebbe uscire dalla “gabbia” che si è costruito, ma dall’altra ne teme le conseguenze. Non giudichiamolo per questo, ma empatizziamo con la sua paura e sosteniamolo mettendoci a nostra volta nelle condizioni di ricevere un sostegno psicologico.
Per questa ragione è fondamentale che siano i familiari o gli amici a cogliere i segnali e accompagnare la persona, insieme a tutta la famiglia, verso un trattamento terapeutico.
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